
La lingua non è solamente uno strumento di comunicazione o di conoscenza, è uno strumento di potere, così come affermato da Paulo Freire, rappresenta l'identità di un popolo, la sua libertà.
Parlare una lingua è portare "il peso" di una cultura. Il sociolinguista Wolfang Klein afferma che per un bambino l’acquisizione della lingua è uno degli aspetti del suo sviluppo per diventare membro della società a cui appartiene. Tramite la lingua impara a esprimere sentimenti, rappresentazioni, desideri, secondo certe norme sociali. Insomma, le rappresentazioni culturali, morali, religiose, ecc. di una società sono trasmesse dalla lingua.
"Il rapporto tra cultura di un popolo e lingua è, ad ogni modo, un rapporto implicito per il semplice fatto che la cultura, si trasmette proprio attraverso la lingua (scritta o orale). Ecco perché ogni lingua nella sua evoluzione accompagna la storia della nazione e del popolo che la parla, fino alla sua dissoluzione: una lingua morta, che non viene più utilizzata come strumento comunicativo viene spesso a coincidere con la fine o con l’ evoluzione di una civiltà (es. del latino e greco come lingue cadute in disuso e come fine di quelle specifiche civiltà)." (Giovanni Teresi, Il rapporto tra cultura di un popolo e lingua. 2019)
In Tibet i bambini non possono più imparare la loro lingua.
Il tibetano non si parlerà più in Tibet
Il governo cinese sta cercando di rafforzare il controllo sul Tibet prendendo di mira i suoi residenti più giovani. Secondo un rapporto pubblicato dal gruppo di difesa dei diritti umani Tibet Action Institute, con sede negli Stati Uniti, "nelle scuole di tutta la regione tibetana, agli studenti viene sempre più negato l'accesso alla loro lingua e cultura, e molti sono vittime di negligenza e abusi fisici". Il sistema educativo è ora prevalentemente residenziale, con circa 900.000 bambini tra i 6 e i 18 anni iscritti a nelle scuole statali. Mentre 100.000 bambini di appena 4 anni sono stati inseriti in scuole materne. Si tratta di un'intensa campagna di sinizzazione diretta dal governo di Pechino.
Bambini, allievi e studenti, separati dalle loro famiglie, ricevono un'istruzione impartita esclusivamente in cinese e incentrata sulla storia e la cultura cinese. Quando tornano a casa, non riescono a parlare in tibetano con i loro familiari. Comunicano solo in cinese. Il governo mira a trasformare i giovani tibetani in cinesi, cancellando l'identità tibetana.
Gyal Lo, attivista e sociologo dell'educazione del Tibet Action Institute, ha dichiarato nel comunicato stampa che accompagna il rapporto: "Nel giro di una generazione la nostra lingua e la nostra cultura potrebbero andare perdute, tutto perché il governo cinese vede l'identità tibetana come una minaccia al suo controllo sulla nostra nazione."
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato durante una conferenza stampa : "Respingiamo ogni infondata diffamazione dei diritti umani e della causa religiosa e culturale di Xizang e ci opponiamo all'interferenza e al sabotaggio da parte di funzionari stranieri in nome dell'esecuzione dei loro doveri a Xizang".
Tibet diventa Xizang
E' sempre più evidente che il governo cinese sta cercando di internazionalizzare l'utilizzo di “Xizang”, il nome del Tibet in mandarino.
Da uno studio di China Media Project sui media cinesi in lingua inglese affiora dal 2022 questa sostanziale novità. "Prendendo in esame il Global Times, tabloid di stato in lingua inglese, nel 2021 il termine “Xizang” sarebbe stato usato solo una volta e in riferimento a un nome proprio, quello della "Xizang Minzu University". Da inizio gennaio a fine settembre 2022, invece, lo stesso Global Times avrebbe utilizzato il termine "Xizang" in più di 200 articoli in lingua inglese. E in contesti dove sostituiva appunto il tradizionale e internazionale “Tibet”." ( Lorenzo Lamperdi in WIRED 03.11.2022 )
La Cina ha più volte annunciato che "qualsiasi affare legato allo Xizang è puramente interno alla Cina e non consente alcuna interferenza da parte di alcun paese straniero". Omettendo di tradurre Xizang con Tibet è un modo di cancellare ogni discussione sulla questione tibetana, sostituiendo l'identità culturale e storica associata al "Tibet".